mercoledì 6 giugno 2012
"L'orso bruno" di Antonello Venditti
"L'orso bruno" è stato il primo album pubblicato da Antonello Venditti nel 1973 (se si esclude "Theorius campus", disco dell'anno precedente che conteneva canzoni di Venditti e di Francesco De Gregori, non esclusi brani in cui i due cantautori cantano insieme). Seppure non riscosse il successo di altri, futuri album del cantante romano, è da considerarsi tra i suoi migliori per la qualità degli otto brani che lo compongono. Il primo pezzo che si può ascoltare s'intitola "E li ponti so' soli", è una canzone in romanesco molto accorata e malinconica: parla di una povera anziana che abita sul lungotevere di Roma e che ha avuto una vita molto difficile, irta di difficoltà e di amarezze; ora si trova ad affrontare la vecchiaia in completa solitudine, i suoi soli amici sono infatti i gatti, gli unici che la apprezzino perchè da lei ricevono il cibo quotidiano. È una vita e una storia facilmente ritrovabile anche ai giorni nostri, poichè oggi come quarant'anni fa gli anziani spesso si ritrovano soli, abbandonati e dimenticati da una società troppo intenta ad occuparsi di altre cose, piuttosto che pensare a loro, i quali spesso divengono gli ultimi elementi nella scala sociale. Bella è anche la seconda canzone dal ritmo incalzante che ha titolo "L'uomo di pane"; difficile capire chi sia o chi rappresenti costui, ma risulta evidente che "l'uomo di pane" è una vittima della società ingiusta, individuo sottoposto anche a torture fisiche per essersi opposto al volere di qualcuno. Molto tenera la terza canzone di questo album: "L'ingresso della fabbrica": l'argomento è ben spiegato dal titolo e la protagonista è una operaia con le sue amiche, il suo amore e la sua vita di tutti i giorni; anche qui, come in "E li ponti so' soli" si respira un'aria decisamente malinconica. "Lontana è Milano", quarto brano dell'LP, ritengo che sia una delle migliori canzoni di Venditti in assoluto; tratta l'annoso problema dell'emigrazione che in quel lontano 1973 era ancora un problema attualissimo in Italia. In particolare il testo della canzone dà voce a coloro che furono costretti ad abbandonare il meridione per cercare un posto di lavoro (spesso malpagato) al nord della penisola italiana, sognando perpetuamente il ritorno alle proprie terre. Il lato A di "L'orso bruno" si chiude con la canzone che dà il titolo all'intero album, molto poetica ed intensa. Il lato B si apre con la lunghissima "Il mare di Jan", storia del traviamento di Jan Silbeling, un uomo che dopo la morte del padre non dà retta alle ultime importanti raccomandazioni del povero genitore e sceglie la strada sbagliata ovvero quella della ricchezza facile e della corruzione. Qui si notano diversi riferimenti ad un misticismo particolarmente in voga tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70. "Dove", che segue il brano iniziale, è la più disperata tra le canzoni presenti nell'album: una sorta di itinerario spleenico del protagonista, che è completamente devastato dalla noia e dalla percezione di totale insensatezza della vita. L'ultimo brano s'intitola "Sottopassaggio" e parla del quotidiano incontro tra due uomini in un sottopassaggio cittadino: il primo è colui che parla dell'evento, passante che giornalmente, magari per ritornare a casa, fa la strada consueta e s'imbatte nel secondo, un povero cieco che si guadagna da vivere suonando il violino per strada e chiedendo in cambio qualche moneta.
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