L’ultimo romantico è il titolo di una canzone
interpretata dal cantautore Pino Donaggio, che partecipò alla 21° edizione del
Festival di Sanremo, tenutasi nel 1971. Brano musicale realizzato dallo stesso
Donaggio e, per il testo, da Vito Pallavicini, oltre ad uscire in versione 45
giri, diede il titolo all’album, pubblicato dalla casa discografica Carosello,
sempre nel 1971, che comprendeva altre 11 canzoni del cantautore veneto. Con L’ultimo romantico Donaggio raggiunse, a
mio parere, uno degli apici della sua carriera da solista nel settore della
musica pop. Pezzo decisamente accattivante, sia per la musica, che presenta
un’introduzione notevole, grazie al violino che lo stesso cantante utilizza, e
sia per il testo, in cui un uomo si dichiara addirittura quale “ultimo
romantico” (una sorta di razza in estinzione, parafrasando una canzone di Giorgio
Gaber). Il motivo risiede nel fatto che, questa canzone, fu scritta pochi anni
dopo 1968: anno fatidico che fa da spartiacque tra due decenni che mostrano una
notevole differenza tra di loro, e che coincidono, più o meno, con gli anni ‘60
e gli anni ’70 del XX secolo. In un periodo in cui sembrava che tutto stesse
cambiando, e chi non si fosse adeguato a tali cambiamenti sarebbe stato
praticamente escluso o marginalizzato, un uomo confessa la sua impossibilità di
cambiare, e lo spiega col fatto inoppugnabile che, in natura, nulla muta. Una
rosa, il mare, il cielo, così come tutti gli animali e tutte le piante non
mostrano alcun cambiamento attraverso gli anni, come invece sono soliti fare
gli esseri umani, i quali decidono, più o meno spontaneamente, di seguire le
mode dei loro tempi. E, dice sempre “l’ultimo romantico”, se è vero che nella
testa degli umani mutano le idee, i comportamenti e gli ideali, non muta né mai
muterà il modo di amare, poiché l’amore è qualcosa a sé stante, non
paragonabile ad altri sentimenti. In pratica, Donaggio con questa canzone si
distanzia dai suoi colleghi che, proprio in quegli anni, avevano deciso di
abbracciare le nuove tendenze – non solo artistiche – che si erano sviluppate a
partire dal 1968. Non fu il solo a prendere questa decisione, visto che altri
cantautori, più o meno della sua generazione (Gino Paoli, Sergio Endrigo, Bruno
Lauzi ed altri ancora), presero la sua stessa strada, continuando a cantare,
soprattutto, canzoni d’amore. Fatto sta che, proprio in quegli anni, con
l’avvento dei cosiddetti “cantautori politici”, Donaggio e non solo subì una
sorta di marginalizzazione. Dopo una ulteriore partecipazione al Festival di
Sanremo nell’anno successivo, il cantautore veneto si allontanò quasi
definitivamente dal mondo della musica pop, per dedicarsi assiduamente alla
stesura di colonne sonore filmiche, tra l’altro con ottimi risultati.
Pino Donaggio |
L'ULTIMO
ROMANTICO
(P. Donaggio - V.
Pallavicini)
L'ultimo
Sono io l'ultimo
romantico
Sono io quello
che ti può donare un fiore
E capire da
questo, dall'espressione del viso
Dal tremore di
una mano se mi ami
L'ultimo
L'ultimo
romantico di un mondo
Che si può
commuovere guardando due colombi
Baciarsi su una
piazza incuranti della gente
Che li può
calpestare per la fretta d'arrivare
Perché se una
rosa è una rosa
Da quando c'è il
mondo io devo cambiare?
Perché se il
mare, il cielo, il sole e il vento
Non cambiano mai?
Perché se l'amore
è l'amore
Da quando c'è il
mondo io devo cambiare?
Perché ci son già
tante cose che stanno cambiando
L'amore non può?
L'ultimo
L'ultimo
romantico di un mondo
Che si può
commuovere guardando due ragazzi
Baciarsi su una piazza
incuranti della gente
Come facciamo
adesso, come facciamo noi due
Perché se una
rosa è una rosa
Da quando c'è il
mondo io devo cambiare?
Perché se il
mare, il cielo, il sole e il vento
Non cambiano mai?
Perché se l'amore
è l'amore
Da quando c'è il
mondo io devo cambiare?
Perché ci son già
tante cose che stanno cambiando
L'amore non può?
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