S'intitola I
borghesi uno degli ultimi album che Giorgio Gaber registrò in studio. Fu
pubblicato nel 1971 dalla Ricordi e contiene undici canzoni molto belle, alcune
delle quali si rifanno più o meno esplicitamente a Jacques Brel; sto parlando
di I borghesi, Che bella gente e L'amico; quest'ultima
rappresenta uno dei momenti più sublimi mai raggiunti non solo da Gaber, ma
dalla intera musica pop italiana: il testo parla di un uomo che assiste il suo
migliore amico gravemente ammalato e fortemente depresso, perciò cerca di
consolarlo rievocando i bei tempi, quando, ancora giovani e pieni di vita, si
divertivano insieme in mille modi ed occasioni; tutto ciò per far sperare al
povero malato che quei tempi possano tornare nel giro di poco tempo: quello
necessario per guarire. Le altre due canzoni mostrano la vena più satirica di Gaber
(e anche di Brel) che si scaglia contro la perfidia e l'ipocrisia di certa
borghesia; classe sociale spesso accusata, almeno a quei tempi, di essere la
causa principale di tutti i peggiori mali della società. Tra le altre canzoni,
merita una segnalazione anche Latte 70, dove, come nelle altre citate,
si nota una vicinanza a Brel, soprattutto per i toni improvvisamente convulsi
che caratterizzano l'interpretazione; in sostanza il brano vuole porre
l'attenzione sia sull'alienazione causata dal lavoro in fabbrica, sia sulle
difficoltà giornaliere che s'incontrano nella vita di coppia. Quest'ultima
tematica è presente anche in Ora che non son più innamorato, brano che
esplicita senza mezze parole la noiosa e insensata vita di routine cui
va incontro, cogli anni, una coppia. Da ricordare infine che, da questo
memorabile LP, l'anno successivo furono estrapolati due pezzi: L'amico e
Latte 70, che uscirono in versione 45 giri.
lunedì 2 settembre 2019
lunedì 29 luglio 2019
Io vivrò (senza te)
Questo è uno dei
tanti capolavori della musica pop italiana, nati grazie alla straordinaria e
durevole collaborazione tra Lucio Battisti e Giulio Rapetti (meglio conosciuto
come Mogol). Ed è anche uno dei miei pezzi preferiti del cantante laziale,
insieme a I giardini di marzo e a Pensieri e parole. Pur conoscendola
vagamente già da bambino, cominciai ad apprezzare meglio Io vivrò nella mia primissima gioventù; nel periodo in cui mi
capitava spesso di fare delle sortite nella Discoteca Laziale di Roma, non
esitai, un giorno, a comperare la musicassetta che la conteneva. Seppi così che
in origine faceva parte di un disco a 33 giri, pubblicato per la prima volta
nel 1969, e che era intitolato semplicemente Lucio Battisti. A dire il
vero, l'anno precedente era già stata inserita come lato B di un 45 giri che
aveva, come primo brano musicale La mia
canzone per Maria. Sempre nel 1968, Io
vivrò comparve come lato B in un altro 45 giri, questa volta dei Rokes;
nella interpretazione del complesso, però, mancano alcune parti del testo di
Mogol. Da non dimenticare l'ottima versione del brano musicale che fu eseguita
da Mina, e che si trova in un LP del 1971, intitolato: Del mio meglio. Ciò che mi piace della canzone è l'atmosfera
drammatica e, in minor misura, malinconica che si respira; non è da meno,
ovviamente, la melodia creata dal geniale e incomparabile estro di Lucio
Battisti. Ricordo che, anni fa, non mi stancavo mai di ascoltarla e, tutt'ora,
se mi capita la risento molto volentieri. Il testo parla di un uomo che è stato
lasciato dalla sua compagna, e non riesce ad accettare la nuova situazione di
abbandono e di profonda solitudine che sta vivendo. Prova, inizialmente, a far
finta che tutto prosegua senza alcun problema, cercando di non pensarci, per poi crollare
improvvisamente e sprofondare in un pianto senza margini consolatori. A parte
le parole iniziali, che spiegano chiaramente la vicenda sentimentale del
protagonista, il resto del testo potrebbe riferirsi anche a un altro tipo di
perdita, quindi non necessariamente alla fine di un amore. Il pathos che
trasmettono musica e testo è incredibilmente forte e coinvolgente, e le stesse
atmosfere si possono facilmente riscontrare in altri brani musicali di
Battisti, usciti negli anni successivi al 1968. Come ho detto all'inizio, Io vivrò va inserita di diritto tra le
migliori canzoni di Battisti, ovvero tra quelle che non si possono dimenticare
mai, una cosiddetta evergreen
insomma.
IO VIVRÒ (SENZA
TE)
(L. Battisti -
Mogol)
Che non si muore
per amore
è una gran bella
verità
perciò dolcissimo
mio amore
ecco quello,
quello che da
domani mi accadrà
Io vivrò
senza te
anche se ancora
non so
come io vivrò
Senza te,
io senza te,
solo continuerò
e dormirò,
mi sveglierò
camminerò,
lavorerò,
qualche cosa
farò,
qualche cosa
farò,
sì, qualche cosa
farò,
qualche cosa di
sicuro io farò:
piangerò,
sì, io piangerò.
E se ritorni
nella mente
basta pensare che
non ci sei
che sto soffrendo
inutilmente
perché so, io lo
so
io so che non
tornerai
Senza te,
io senza te,
solo continuerò,
e dormirò,
mi sveglierò,
camminerò,
lavorerò,
qualche cosa
farò,
qualche cosa
farò,
sì, qualche cosa
farò
qualche cosa di
sicuro io farò:
piangerò,
sì, io piangerò.
Io piangerò...
venerdì 18 gennaio 2019
Tre canti popolari italiani
1. FLOWERS!
FLOWERS!...
È un testo ricavato dallo studioso italiano Roberto Leydi
che nella prima metà del Novecento si trovava negli Stati Uniti d'America e
vide un venditore ambulante (anche lui italiano) che, cercando di vendere la
sua merce strillava queste frasi miste, in inglese e in napoletano: le prime del
tutto consone al lavoro di venditore, le seconde quasi un grido disperato per
la condizione miserrima in cui si era venuto a trovare nel nuovo continente.
Cheap to cheap today!
Chi me l'à fatto ffà
vennì sta terra cà
in cerca di speranza
e nun l'aggia truvà.
Chrysanthem, pink, roses,
cheap to cheap today!
Flowers! Flowers!
2. SANTA MARIA ALTISSIMA
È un canto che intonavano più di un secolo fa le donne
calabresi che spesso vedevano i loro ragazzi ed i loro mariti partire sulle
navi perchè arruolati; è una accorata preghiera rivolta alla Madonna affinchè
abbia pietà di tutti quei giovani che, destinati al fronte di guerra,
rischiavano di non tornare mai più. L'ultimo verso del canto rappresenta un
netto atto d'accusa nei confronti della guerra definita senza mezze parole
"macello".
ata cchiù de 'na nave,
tutti 'ssi bielli
giuvani
su' misi a consumari.
Santa Maria Altissima,
ata cchiù de
castiellu,
tutti 'ssi bielli
giuvani
su' misi a lu macellu!
3. E CANTA LA ZIGHELA
Un canto popolare dell'Emilia Romagna sui padroni di ieri
che sono uguali a quelli di oggi, sempre pronti coi loro modi subdoli e
furbeschi, a sfruttare i lavoratori che vorrebbero ridotti a schiavi.
E canta la zighéla:
taia taia,
e gran a e patron, a e
cuntadèn la paia.
E canta la zighéla:
tula, tula,
e gran a e patron, a e
cuntaden la pula.
E canta la zighéla e a
zigalèn,
e gran a e patron, la
pula a e cuntadèn.
giovedì 10 gennaio 2019
Preghiera in gennaio
Quando ascoltai
per la prima volta Preghiera in gennaio,
avevo superato da poco i vent'anni, e subito me ne innamorai. Tutt'oggi la
considero una delle canzoni più belle mai scritte da Fabrizio De Andrè. A quel
tempo - erano gli anni '80 del XX secolo - sapevo dell'esistenza di due brani
musicali dedicati a Luigi Tenco; oltre a Preghiera
in gennaio, infatti, anche Francesco De Gregori aveva voluto ricordare il
cantautore scomparso nel 1967, con una canzone presente nel suo album Bufalo Bill (1976), intitolata Festival. Preghiera in gennaio, uscì invece nello stesso anno in cui Tenco si
tolse la vita, entrando a far parte dello splendido disco che porta il titolo Volume 1, e che comprende altre canzoni
indimenticabili. Mi piacque e mi colpì immediatamente la fantasia di De Andrè,
che, subito dopo la dipartita del suo amico, scrisse un testo poetico in forma
di preghiera rivolto al Dio della cristianità - che ha anche le peculiarità di
una supplica - affinché potesse e volesse accogliere nel suo "Bel
Paradiso", quell'anima pura che rispondeva al nome di Luigi Tenco, il
quale, in quanto suicida - basandosi sui freddi dogmi della chiesa cattolica -
non avrebbe avuto diritto alcuno ad entrare nel Regno dei Cieli. Ma De Andrè,
giustamente, volle allargare il discorso a tutti coloro che si suicidarono e
che ebbero quella sola colpa nella loro tormentata esistenza sulla terra; così
s'immaginò una schiera di anime buone, morte "per oltraggio", che,
guidate da Luigi Tenco s'incamminano verso il Regno del Signore, sapendo di
essere ben accolti da un Dio propenso al perdono; e perdonare coloro, come alcuni
suicidi, che fecero violenza soltanto contro loro stessi, a causa dell'odio e
dell'ignoranza da cui erano circondati ed a cui non riuscirono ad adeguarsi in
alcun modo, diviene, a mio parere, una cosa opportuna se non un obbligo. Bellissima e
sacrosanta, l'idea - sempre di De Andrè - del Paradiso quale luogo in cui si
ritrovino tutte le anime di coloro che non furono felici, pur avendo una
coscienza pura. Meravigliosa infine, l'ultima richiesta rivolta a Dio dal
cantautore genovese, perché possa ascoltare le canzoni di Tenco e rimanerne
estasiato. Uno degli ultimi versi di questa poesia-canzone trasmette una
tristezza intensa, perché quel "che
ormai canta nel vento" riferito alla voce di Tenco, fa comprendere
crudamente il fatto inoppugnabile della sua scomparsa definitiva, malgrado le
sue canzoni abbiano continuato e continuino tutt'ora ad essere trasmesse dai mass media e ad essere scelte ed
ascoltate da un pubblico immenso che comprende diverse generazioni e che non ha
mai dimenticato questo grandissimo cantante prematuramente scomparso.
PREGHIERA IN
GENNAIO
(F. De Andrè)
Lascia che sia
fiorito
Signore, il suo
sentiero
quando a te la
sua anima
e al mondo la sua
pelle
dovrà
riconsegnare
quando verrà al
tuo cielo
là dove in pieno
giorno
risplendono le
stelle.
Quando
attraverserà
l'ultimo vecchio
ponte
ai suicidi dirà
baciandoli alla
fronte
venite in
Paradiso
là dove vado
anch'io
perché non c'è
l'inferno
nel mondo del
buon Dio.
Fate che giunga a
Voi
con le sue ossa
stanche
seguito da
migliaia
di quelle facce
bianche
fate che a voi
ritorni
fra i morti per
oltraggio
che al cielo ed
alla terra
mostrarono il
coraggio.
Signori
benpensanti
spero non vi
dispiaccia
se in cielo, in
mezzo ai Santi
Dio, fra le sue
braccia
soffocherà il
singhiozzo
di quelle labbra
smorte
che all'odio e
all'ignoranza
preferirono la
morte.
Dio di
misericordia
il tuo bel
Paradiso
l'hai fatto
soprattutto
per chi non ha
sorriso
per quelli che
han vissuto
con la coscienza
pura
l'inferno esiste
solo
per chi ne ha
paura.
Meglio di lui nessuno
mai ti potrà
indicare
gli errori di noi
tutti
che puoi e vuoi
salvare.
Ascolta la sua
voce
che ormai canta
nel vento
Dio di
misericordia
vedrai, sarai
contento.
Dio di
misericordia
vedrai, sarai
contento.
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