lunedì 2 settembre 2019

"I borghesi" di Giorgio Gaber




S'intitola I borghesi uno degli ultimi album che Giorgio Gaber registrò in studio. Fu pubblicato nel 1971 dalla Ricordi e contiene undici canzoni molto belle, alcune delle quali si rifanno più o meno esplicitamente a Jacques Brel; sto parlando di I borghesi, Che bella gente e L'amico; quest'ultima rappresenta uno dei momenti più sublimi mai raggiunti non solo da Gaber, ma dalla intera musica pop italiana: il testo parla di un uomo che assiste il suo migliore amico gravemente ammalato e fortemente depresso, perciò cerca di consolarlo rievocando i bei tempi, quando, ancora giovani e pieni di vita, si divertivano insieme in mille modi ed occasioni; tutto ciò per far sperare al povero malato che quei tempi possano tornare nel giro di poco tempo: quello necessario per guarire. Le altre due canzoni mostrano la vena più satirica di Gaber (e anche di Brel) che si scaglia contro la perfidia e l'ipocrisia di certa borghesia; classe sociale spesso accusata, almeno a quei tempi, di essere la causa principale di tutti i peggiori mali della società. Tra le altre canzoni, merita una segnalazione anche Latte 70, dove, come nelle altre citate, si nota una vicinanza a Brel, soprattutto per i toni improvvisamente convulsi che caratterizzano l'interpretazione; in sostanza il brano vuole porre l'attenzione sia sull'alienazione causata dal lavoro in fabbrica, sia sulle difficoltà giornaliere che s'incontrano nella vita di coppia. Quest'ultima tematica è presente anche in Ora che non son più innamorato, brano che esplicita senza mezze parole la noiosa e insensata vita di routine cui va incontro, cogli anni, una coppia. Da ricordare infine che, da questo memorabile LP, l'anno successivo furono estrapolati due pezzi: L'amico e Latte 70, che uscirono in versione 45 giri.

lunedì 29 luglio 2019

Io vivrò (senza te)


Questo è uno dei tanti capolavori della musica pop italiana, nati grazie alla straordinaria e durevole collaborazione tra Lucio Battisti e Giulio Rapetti (meglio conosciuto come Mogol). Ed è anche uno dei miei pezzi preferiti del cantante laziale, insieme a I giardini di marzo e a Pensieri e parole. Pur conoscendola vagamente già da bambino, cominciai ad apprezzare meglio Io vivrò nella mia primissima gioventù; nel periodo in cui mi capitava spesso di fare delle sortite nella Discoteca Laziale di Roma, non esitai, un giorno, a comperare la musicassetta che la conteneva. Seppi così che in origine faceva parte di un disco a 33 giri, pubblicato per la prima volta nel 1969, e che era intitolato semplicemente Lucio Battisti. A dire il vero, l'anno precedente era già stata inserita come lato B di un 45 giri che aveva, come primo brano musicale La mia canzone per Maria. Sempre nel 1968, Io vivrò comparve come lato B in un altro 45 giri, questa volta dei Rokes; nella interpretazione del complesso, però, mancano alcune parti del testo di Mogol. Da non dimenticare l'ottima versione del brano musicale che fu eseguita da Mina, e che si trova in un LP del 1971, intitolato: Del mio meglio. Ciò che mi piace della canzone è l'atmosfera drammatica e, in minor misura, malinconica che si respira; non è da meno, ovviamente, la melodia creata dal geniale e incomparabile estro di Lucio Battisti. Ricordo che, anni fa, non mi stancavo mai di ascoltarla e, tutt'ora, se mi capita la risento molto volentieri. Il testo parla di un uomo che è stato lasciato dalla sua compagna, e non riesce ad accettare la nuova situazione di abbandono e di profonda solitudine che sta vivendo. Prova, inizialmente, a far finta che tutto prosegua senza alcun problema, cercando di non pensarci, per poi crollare improvvisamente e sprofondare in un pianto senza margini consolatori. A parte le parole iniziali, che spiegano chiaramente la vicenda sentimentale del protagonista, il resto del testo potrebbe riferirsi anche a un altro tipo di perdita, quindi non necessariamente alla fine di un amore. Il pathos che trasmettono musica e testo è incredibilmente forte e coinvolgente, e le stesse atmosfere si possono facilmente riscontrare in altri brani musicali di Battisti, usciti negli anni successivi al 1968. Come ho detto all'inizio, Io vivrò va inserita di diritto tra le migliori canzoni di Battisti, ovvero tra quelle che non si possono dimenticare mai, una cosiddetta evergreen insomma.



IO VIVRÒ (SENZA TE)
(L. Battisti - Mogol)

Che non si muore per amore
è una gran bella verità
perciò dolcissimo mio amore
ecco quello,
quello che da domani mi accadrà

Io vivrò
senza te
anche se ancora non so
come io vivrò
Senza te,
io senza te,
solo continuerò
e dormirò,
mi sveglierò
camminerò,
lavorerò,
qualche cosa farò,
qualche cosa farò,
sì, qualche cosa farò,
qualche cosa di sicuro io farò:
piangerò,
sì, io piangerò.

E se ritorni nella mente
basta pensare che non ci sei
che sto soffrendo inutilmente
perché so, io lo so
io so che non tornerai

Senza te,
io senza te,
solo continuerò,
e dormirò,
mi sveglierò,
camminerò,
lavorerò,
qualche cosa farò,
qualche cosa farò,
sì, qualche cosa farò
qualche cosa di sicuro io farò:
piangerò,
sì, io piangerò.
Io piangerò...



venerdì 18 gennaio 2019

Tre canti popolari italiani


1. FLOWERS! FLOWERS!...
È un testo ricavato dallo studioso italiano Roberto Leydi che nella prima metà del Novecento si trovava negli Stati Uniti d'America e vide un venditore ambulante (anche lui italiano) che, cercando di vendere la sua merce strillava queste frasi miste, in inglese e in napoletano: le prime del tutto consone al lavoro di venditore, le seconde quasi un grido disperato per la condizione miserrima in cui si era venuto a trovare nel nuovo continente.

 Flowers! Flowers!
Cheap to cheap today!
Chi me l'à fatto ffà
vennì sta terra cà
in cerca di speranza
e nun l'aggia truvà.
Chrysanthem, pink, roses,
cheap to cheap today!
Flowers! Flowers!





2. SANTA MARIA ALTISSIMA
È un canto che intonavano più di un secolo fa le donne calabresi che spesso vedevano i loro ragazzi ed i loro mariti partire sulle navi perchè arruolati; è una accorata preghiera rivolta alla Madonna affinchè abbia pietà di tutti quei giovani che, destinati al fronte di guerra, rischiavano di non tornare mai più. L'ultimo verso del canto rappresenta un netto atto d'accusa nei confronti della guerra definita senza mezze parole "macello".

 Santa Maria Altissima,
ata cchiù de 'na nave,
tutti 'ssi bielli giuvani
su' misi a consumari.
Santa Maria Altissima,
ata cchiù de castiellu,
tutti 'ssi bielli giuvani
su' misi a lu macellu!





3. E CANTA LA ZIGHELA
Un canto popolare dell'Emilia Romagna sui padroni di ieri che sono uguali a quelli di oggi, sempre pronti coi loro modi subdoli e furbeschi, a sfruttare i lavoratori che vorrebbero ridotti a schiavi.

E canta la zighéla: taia taia,
e gran a e patron, a e cuntadèn la paia.
E canta la zighéla: tula, tula,
e gran a e patron, a e cuntaden la pula.
E canta la zighéla e a zigalèn,
e gran a e patron, la pula a e cuntadèn.

giovedì 10 gennaio 2019

Preghiera in gennaio


Quando ascoltai per la prima volta Preghiera in gennaio, avevo superato da poco i vent'anni, e subito me ne innamorai. Tutt'oggi la considero una delle canzoni più belle mai scritte da Fabrizio De Andrè. A quel tempo - erano gli anni '80 del XX secolo - sapevo dell'esistenza di due brani musicali dedicati a Luigi Tenco; oltre a Preghiera in gennaio, infatti, anche Francesco De Gregori aveva voluto ricordare il cantautore scomparso nel 1967, con una canzone presente nel suo album Bufalo Bill (1976), intitolata Festival. Preghiera in gennaio, uscì invece nello stesso anno in cui Tenco si tolse la vita, entrando a far parte dello splendido disco che porta il titolo Volume 1, e che comprende altre canzoni indimenticabili. Mi piacque e mi colpì immediatamente la fantasia di De Andrè, che, subito dopo la dipartita del suo amico, scrisse un testo poetico in forma di preghiera rivolto al Dio della cristianità - che ha anche le peculiarità di una supplica - affinché potesse e volesse accogliere nel suo "Bel Paradiso", quell'anima pura che rispondeva al nome di Luigi Tenco, il quale, in quanto suicida - basandosi sui freddi dogmi della chiesa cattolica - non avrebbe avuto diritto alcuno ad entrare nel Regno dei Cieli. Ma De Andrè, giustamente, volle allargare il discorso a tutti coloro che si suicidarono e che ebbero quella sola colpa nella loro tormentata esistenza sulla terra; così s'immaginò una schiera di anime buone, morte "per oltraggio", che, guidate da Luigi Tenco s'incamminano verso il Regno del Signore, sapendo di essere ben accolti da un Dio propenso al perdono; e perdonare coloro, come alcuni suicidi, che fecero violenza soltanto contro loro stessi, a causa dell'odio e dell'ignoranza da cui erano circondati ed a cui non riuscirono ad adeguarsi in alcun modo, diviene, a mio parere, una cosa opportuna se non un obbligo. Bellissima e sacrosanta, l'idea - sempre di De Andrè - del Paradiso quale luogo in cui si ritrovino tutte le anime di coloro che non furono felici, pur avendo una coscienza pura. Meravigliosa infine, l'ultima richiesta rivolta a Dio dal cantautore genovese, perché possa ascoltare le canzoni di Tenco e rimanerne estasiato. Uno degli ultimi versi di questa poesia-canzone trasmette una tristezza intensa, perché quel "che ormai canta nel vento" riferito alla voce di Tenco, fa comprendere crudamente il fatto inoppugnabile della sua scomparsa definitiva, malgrado le sue canzoni abbiano continuato e continuino tutt'ora ad essere trasmesse dai mass media e ad essere scelte ed ascoltate da un pubblico immenso che comprende diverse generazioni e che non ha mai dimenticato questo grandissimo cantante prematuramente scomparso.  




PREGHIERA IN GENNAIO
(F. De Andrè)

Lascia che sia fiorito
Signore, il suo sentiero
quando a te la sua anima
e al mondo la sua pelle
dovrà riconsegnare
quando verrà al tuo cielo
là dove in pieno giorno
risplendono le stelle.

Quando attraverserà
l'ultimo vecchio ponte
ai suicidi dirà
baciandoli alla fronte
venite in Paradiso
là dove vado anch'io
perché non c'è l'inferno
nel mondo del buon Dio.

Fate che giunga a Voi
con le sue ossa stanche
seguito da migliaia
di quelle facce bianche
fate che a voi ritorni
fra i morti per oltraggio
che al cielo ed alla terra
mostrarono il coraggio.

Signori benpensanti
spero non vi dispiaccia
se in cielo, in mezzo ai Santi
Dio, fra le sue braccia
soffocherà il singhiozzo
di quelle labbra smorte
che all'odio e all'ignoranza
preferirono la morte.

Dio di misericordia
il tuo bel Paradiso
l'hai fatto soprattutto
per chi non ha sorriso
per quelli che han vissuto
con la coscienza pura
l'inferno esiste solo
per chi ne ha paura.
Meglio di lui nessuno
mai ti potrà indicare
gli errori di noi tutti
che puoi e vuoi salvare.
Ascolta la sua voce
che ormai canta nel vento
Dio di misericordia
vedrai, sarai contento.
Dio di misericordia
vedrai, sarai contento.