"L'alba" è il titolo di un LP del cantautore Riccardo Cocciante, pubblicato nel 1975, subito dopo l'omonimo 45 giri che ebbe un buon successo di vendite, rimanendo tra i dieci singoli più venduti per ben tre mesi (dal settembre al novembre del '75). Anche l'album riscosse un successo notevole, risultando tra i venti più venduti di quell'anno. Si può ben dire che le canzoni presenti in "L'alba" rappresentino il culmine di quei toni pieni di disperazione e rabbia che in parte costituirono gli elementi essenziali oltre che identificativi del successo di Cocciante. In questi dieci brani il cantautore raggiunse l'apice del pessimismo, che si può percepire, in maniera più o meno marcata, nei testi del paroliere Marco Luberti e nella sofferta e intensa interpretazione di Cocciante.
Partendo da "Smania", è facile intuire che essa sia una canzone-trampolino alla successiva, cioè "L'alba"; si parla infatti della smania di andare via, di fuggire da una situazione sgradevole che vede un uomo vivere una relazione ormai logora, dove prevalgono su tutto la noia e il disgusto. "L'alba" descrive appunto questa fuga che però, non avviene all'inizio del giorno, ma durante la notte, momento assai più propizio per non dare nell'occhio. "Il tagliacarte" e "Era già tutto previsto" trattano in sostanza il medesimo argomento: il tradimento subito da un uomo. Cambia però la reazione, che nella prima sembrerebbe rassegnata anche se quel tagliacarte lasciato come ricordo dall'uomo tradito, sul cuore della donna, fa pensare ad una fredda, sanguinosa vendetta. La disperazione invece domina in "Era già tutto previsto", infatti l'uomo, rimasto da solo, abbraccia il cuscino dove ha dormito la sua ex donna ripensando a lei e desiderando la morte. "Vendo" è sicuramente una delle canzoni più belle dell'album, qui emerge una poeticità straordinaria e ne scaturisce una confessione straziante. "E lei sopra di me" parla di un'altra "Bella senz'anima" che compie l'atto sessuale in modo animalesco, svuotandolo di passione e di qualsiasi sentimento, sì da causare la violenta ma repressa reazione dell'uomo. "Canto popolare" è un inno all'indifferenza totale di una donna nei confronti dell'uomo che la ama follemente. Decisamente al di fuori dal contesto dell'album è "La morte di una rosa", dove un poeta compone dei versi dedicati ad una donna dalla pelle molto chiara, candida proprio come una rosa bianca; la morte del fiore simboleggia la fine della verginità. "A mio padre", come s'intuisce dal titolo, è un brano dedicato da Cocciante al genitore, costui invecchiando perde via via speranze, ideali e forze; per questo il figlio lo incita a non mollare, a combattere ancora, se non altro per l'amore dei figli, che hanno bisogno della sua presenza. Infine "Comica finale" è un tentativo di sdrammatizzazione: dice infatti il testo: «Ed io lo so che a questo punto / per nascondere il mio pianto / per nascondere il mio male / per nascondere il dolore / per tirare su il morale / ci vorrebbe per finire: / una comica finale» ma l'impressione che si ha è di una forzatura; insomma la disperazione rimane, malgrado l'estremo tentativo, in tutte le canzoni di questo memorabile album di Riccardo Cocciante.