Sanremo, 27 gennaio 1967, alle ore 2:30, sul pavimento di una stanza dell'Hotel Savoy, viene identificato il corpo senza vita del cantautore Luigi Tenco. Da successive analisi fu stabilito che che Tenco, profondamente depresso a causa dell'esclusione della sua canzone: Ciao amore, ciao, dalla finale del famoso festival canoro che si svolge nella città ligure, si suicidò sparandosi un colpo di pistola alla tempia destra. Tutto quello che è successo in seguito: dai dubbi sorti sulla certezza del suicidio al modo inopportuno in cui andò avanti la manifestazione musicale quell'anno, dalla ricerca dei motivi per i quali Tenco avrebbe compiuto un simile gesto alle altre chiacchiere inutili, non è nel mio intento trattare in questo post. Mi preme invece sottolineare l'importanza, nell'ambito della canzone d'autore italiana e non solo, che ebbe Luigi Tenco, uno dei cantautori più geniali, che ha contribuito, insieme a Fabrizio De Andrè e a pochi altri, al rinnovamento sostanziale della canzone italiana, impaludata in vecchi schemi ormai logori. L'innovazione compiuta da Tenco è rivoluzionaria in particolar modo per quel che concerne i testi delle sue canzoni di cui spessissimo era autore così come delle musiche. Originalissime ancora oggi sono le parole che il cantautore seppe inventare parlando d'amore, di temi d'attualità o di protesta sociale. Una delle prime canzoni che hanno dato una svolta vera e propria al modo di fare musica pop in Italia è stata Cara maestra, questo brano del 1962, che venne incredibilmente censurato, era un atto d'accusa nei confronti dell'incoerenza che allora si palesava sia negli insegnamenti scolastici, sia nelle prediche religiose, sia anche nei comizi politici; la cosa che sorprende è il netto anticipo con cui Tenco seppe intuire questi comportamenti ipocriti già in quegli anni; ma se pensiamo ai tempi di oggi, risulta chiaro che nulla sia cambiato, anzi, semmai alcuni atteggiamenti di malcelata falsità sono aumentati fino al parossismo. Ecco quindi il testo di Cara maestra (parole e musica sono di Luigi Tenco), una delle canzoni italiane più belle di sempre.
Cara maestra,
un giorno m'insegnavi
che a questo mondo noi
noi siamo tutti uguali.
Ma quando entrava in classe il direttore
tu ci facevi alzare tutti in piedi,
e quando entrava in classe il bidello
ci permettevi di restar seduti.
Mio buon curato,
dicevi che la chiesa
è la casa dei poveri,
della povera gente.
Però hai rivestito la tua chiesa
di tende d'oro e marmi colorati:
come può adesso un povero che entra
sentirsi come fosse a casa sua?
Egregio sindaco,
m'hanno detto che un giorno
tu gridavi alla gente
"vincere o morire".
Ora vorrei sapere come mai
vinto non hai, eppure non sei morto,
e al posto tuo è morta tanta gente
che non voleva né vincere né morire?