Santa Lucia è una canzone scritta e interpretata da Francesco De
Gregori, che uscì per la prima volta, nel 1976, in un LP del cantautore romano
che s'intitola Bufalo Bill. Io
l'ascoltai e la scoprii più di dieci anni dopo, trovandola tra le canzoni di
una musicassetta della Linea Tre della RCA intitolata Il mondo di Francesco De Gregori Vol. 2, e subito me ne innamorai.
Ricordo che la sentivo molto spesso, quasi in continuazione, e non mi stancavo
mai di farlo.
Si può affermare
che sia una vera preghiera in forma di canzone; secondo me è il brano musicale
più bello di Francesco De Gregori, e, tra l'altro, non credo di essere stato
l'unico ad avere questa opinione, se è vero che anche il grandissimo Lucio Dalla la pensava in
questo modo. Aggiungerò che ritengo Santa
Lucia una della canzoni migliori nella storia della musica pop,
paragonabile nel suo genere, e in parte simile, soltanto a Priere di Georges Brassens (ma quest'ultima è ispirata ad una
poesia di Francis Jammes). Inutile dire che il testo si avvicina
incredibilmente alla più autentica poesia, ma, nello stesso tempo, è innegabile
che la musica e l'interpretazione di De Gregori rendano le parole ancor più intense
e coinvolgenti.
Come dicevo, si
tratta di una preghiera rivolta alla santa, affinché protegga la parte più
sfortunata e derelitta dell'umanità: chi è costretto, per campare, a fare lavori
decisamente pericolosi; chi vive in particolari luoghi estremamente difficili;
chi percorre strade sbagliate e cade durante il suo tortuoso cammino; chi vive
realtà di dipendenza che col tempo divengono fatali... Ma la preghiera si
rivolge anche ad altre categorie, che commettono altri tipi di errori,
compromettendo seriamente la serena e giusta convivenza tra i popoli.
C'è poi la parte
finale, di una bellezza rara, in cui la richiesta di aiuto e di esaudimento
verso la santa, ha come obiettivo un'umanità altrettanto sofferente, simbolicamente
raffigurata da un violino dei poveri,
da una barca sfondata e da un ragazzino che prova a cantare; concentrandosi su
quest'ultimo, le estreme parole della canzone esternano l'auspicio che il
piccolo possa affrontare le infinite difficoltà che lo attendono nel corso
della vita, in modo tale che non gli pesino più di tanto, e lo facciano
maturare, fino a quando, divenuto un uomo, possa andare lontano, ovvero
ottenere meritate gratificazioni e giuste soddisfazioni: le stesse che
ottengono, senza guadagnarsele, quelle persone rientranti, ahimè, in categorie
privilegiate e classi sociali elevate. La canzone è ancor più attuale oggi, in
una società in cui le differenze tra ricchi e poveri, anno dopo anno si stanno
facendo sempre più nette, e in cui succede troppe volte di vedere sciagure,
scontri sociali e proteste di ogni tipo che nascono da ingiustizie; quasi sempre, chi combatte lo fa in nome di una democrazia latente e della tanto auspicata uguaglianza sociale, che oggi sembra diventata una vera e propria chimera.
SANTA LUCIA
( F. De Gregori)
Santa Lucia,
per tutti quelli
che hanno gli occhi
e un cuore che
non basta agli occhi
e per la tranquillità
di chi va per mare
e per ogni
lacrima sul tuo vestito,
per chi non ha
capito.
Santa Lucia,
per chi beve di
notte e di notte muore e di notte legge
e cade sul suo
ultimo metro,
per gli amici che
vanno e ritornano indietro
e hanno perduto
l'anima e le ali.
Per chi vive
all'incrocio dei venti
ed è bruciato
vivo.
Per le persone
facili che non hanno dubbi mai.
Per la nostra
corona di stelle e di spine
e la nostra paura
del buio e della fantasia.
Santa Lucia,
il violino dei
poveri è una barca sfondata,
è un ragazzino al
secondo piano
che canta, ride e
stona:
perché vada
lontano fa che gli sia dolce
anche la pioggia
nelle scarpe,
anche la
solitudine.
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