Che cosa resta è il titolo di una canzone di Franco Battiato (Ionia, 23 marzo 1945 – Milo, 18 maggio 2021), pubblicata come 9° traccia dell'album Fleurs (1999): una delle opere più belle del cantautore siciliano. Che cosa resta è una cover del celebre brano musicale francese Que reste-t-il de nos amours?, interpretata a partire dal 1942 dall'indimenticabile Charles Trenet (1913-2001), che ne è anche l'autore insieme a Léo Chauliac (1913-1977). Battiato, avvalendosi del testo già tradotto ottimamente dal poeta Gesualdo Bufalino (1920-1996) - il quale lo aveva inserito nel volume di versi L'amaro miele (dalla 3° edizione del 1996) - ne fece una versione personale, più malinconica e intimista rispetto alla pur notevole interpretazione dello chansonnier francese. D'altronde, il testo di Che cosa resta - che è su per giù lo stesso di Que reste-t-il de nos amours? - parla, con indicibile nostalgia, degli amori giovanili di un uomo che, ormai invecchiato, li enumera e li rievoca seduto davanti al suo caminetto quasi spento (simbolo di una vita già trascorsa). Cosa resta di tutti quegli amori così intensi, passionali, emozionanti e anche sinceri? Quasi nulla: una foto ingiallita e qualche sparuto biglietto. L'uomo riesce ancora a ricordare i volti ed i nomi di quelle donne che amò in un passato lontano, ma non rammenta più il periodo e il modo in cui nacquero quelle passioni amorose. C'è quindi una sensazione di estrema tristezza, perché l'uomo sa bene che quel periodo così lontano e così esaltante della sua vita non tornerà mai più. E allora continua a pensare a quegli amori, ai luoghi e perfino alle musiche di quel tempo favoloso, inceneritosi come la legna nel caminetto, poiché il ricordo è l'unica consolazione che gli rimane. Di seguito riporto il testo della canzone, tradotto da Gesualdo Bufalino.
QUE-RESTE-T-IL DE NOS AMOURS (CHARLES TRENET)
Chissà cosa mormora il vento
stasera con il suo lamento
dietro la porta laggiù.
Di già il caminetto s’é spento
io chiudo gli occhi e rammento
gli amori di gioventù.
Di voi che resta, antichi amori,
giorni di festa, teneri ardori?
Solo una mesta foto ingiallita
fra le mie dita...
Di voi che resta, sguardi innocenti,
lacrime, risa e giuramenti?
Solo, sepolto in un cassetto
qualche biglietto...
Sere d’aprile, sogni incantati,
capelli al vento, baci rubati,
che resta dunque di tutto ciò?
Ditemi un po'...
Rivedo un viso, mormoro un nome,
ma non ricordo quando né come...
penso a un villaggio dove non so
se tornerò.
Mai più mano con mano nel buio,
stupiti di essere due,
felici senza perché...
Mai più fiori nascosti in un libro,
il cui profumo c'inebria
ma presto evapora, ahimè!...
Di voi che resta, antichi amori,
grandi segreti, complici cuori?
solo nel petto male guarita
una ferita...
Di voi che resta, parole audaci,
carezze caste, timide braci?
solo una cenere che più non fuma
ma si consuma...
Chiari di luna, dolci sentieri
e tu perduta anima d'ieri,
perché sparisti, chi ti rubò?
Dimmelo un po'...
Solo un motivo risento ancora
d’un fuggitivo disco d’allora
e a un luogo penso, dove non so
se tornerò.
(da: Gesualdo Bufalino, "L'amaro miele", Einaudi, Torino 2021, pp. 125-126)
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