Più passano gli anni, e più le guerre nel mondo aumentano di numero. Alcune sono guerre particolarmente insidiose, e si stanno svolgendo in luoghi non lontani dalla nostra nazione. Più personaggi illustri, provenienti da diversi mondi (religiosi, politici, intellettuali, artisti) si raccomandano vivamente affinché cessino i combattimenti al più presto, più le uccisioni e le violenze di ogni tipo si moltiplicano. L'uomo non cambia: non è capace di vivere pacificamente, e troverà sempre il modo di odiare e di trasmettere l'odio che prova ad altri simili. Le guerre non finiranno mai, su questo non ci sono dubbi; se c'è una domanda plausibile, è: cosa succederà quando qualcuno deciderà di usare un'arma nucleare? Questo ce lo possiamo immaginare, perché un pericolo simile esisteva già dopo la fine della 2° Guerra Mondiale. Ma a proposito di guerra, a me sono sempre piaciute moltissimo le canzoni che la ripudiavano e che inneggiavano alla pace. Di recenti ne conosco pochissime, ma ricordo la prima in assoluto che mi colpì profondamente, quando ero un adolescente; è La guerra di Piero di Fabrizio De Andrè. Nelle parole di questa canzone si racconta la triste storia di un certo Piero: un uomo pacifico, che vive in un luogo non lontano dal fronte di guerra (tant'è che vede, nel torrente che si trova a breve distanza dalla sua abitazione, i cadaveri dei soldati trascinati lì dalla corrente); un giorno anche Piero viene chiamato alle armi e deve partire per il fronte. Un giorno di maggio, mentre Piero sta varcando la frontiera, si accorge che non lontano da lui c'è un soldato nemico; il primo istinto sarebbe quello di sparargli, ma Piero non riesce a farlo, pensando che quell'uomo è molto simile a lui, ha soltanto una divisa militare differente, che lo fa considerare "nemico"; tale indugio gli costa carissimo, perché quel soldato, accortosi della presenza di Piero, gli spara immediatamente e lo colpisce a morte. Piero cade in terra e si accorge subito che sta per morire; ha solo il tempo per pensare al suo triste destino e a Ninetta, la sua donna che lo aspetta a casa. Il corpo esanime di Piero viene sepolto da qualche anima buona in un campo di grano e, probabilmente, risulterà per sempre tra i dispersi dell'ennesima guerra in cui perirono, senza un motivo giustificabile, migliaia di soldati. De Andrè, in un'intervista di tanti anni fa, disse di aver scritto questa canzone perché rimase impressionato da alcuni racconti fattigli dallo zio, che aveva partecipato ad una guerra. In un'altra intervista televisiva di qualche decennio fa, che vidi in uno dei canali della Rai, il cantautore ligure disse che le sue canzoni contro la guerra non furono molto utili, pur sensibilizzando delle anime buone che le ascoltarono. Apparentemente, tutto ciò che si dice, si scrive, si mette in musica o in immagini per far capire che le guerre sono nefaste e non portano nulla di buono, sembra inutile; eppure io sono convinto che - al di là dell'utilità - qualsiasi opera artistica, didattica o giornalistica finalizzata al bene dell'umanità, e in grado di raggiungere un certo numero di pubblico, vale la pena che sia portata a compimento.
LA GUERRA DI PIERO
(F. De Andrè)
Dormi sepolto in un campo di grano
Non è la rosa, non è il tulipano
Che ti fan veglia dall'ombra dei fossi
Ma son mille papaveri rossi
Lungo le sponde del mio torrente
Voglio che scendano i lucci argentati
Non più i cadaveri dei soldati
Portati in braccio dalla corrente
Così dicevi ed era d'inverno
E come gli altri verso l'inferno
Te ne vai triste come chi deve
Il vento ti sputa in faccia la neve
Fermati Piero, fermati adesso
Lascia che il vento ti passi un po' addosso
Dei morti in battaglia ti porti la voce
Chi diede la vita ebbe in cambio una croce
Ma tu non lo udisti e il tempo passava
Con le stagioni a passo di giava
Ed arrivasti a varcar la frontiera
In un bel giorno di primavera
E mentre marciavi con l'anima in spalle
Vedesti un uomo in fondo alla valle
Che aveva il tuo stesso identico umore
Ma la divisa di un altro colore
Sparagli Piero, sparagli ora
E dopo un colpo sparagli ancora
Fino a che tu non lo vedrai esangue
Cadere in terra a coprire il suo sangue
E se gli sparo in fronte o nel cuore
Soltanto il tempo avrà per morire
Ma il tempo a me resterà per vedere
Vedere gli occhi di un uomo che muore
E mentre gli usi questa premura
Quello si volta, ti vede e ha paura
Ed imbracciata l'artiglieria
Non ti ricambia la cortesia
Cadesti a terra senza un lamento
E ti accorgesti in un solo momento
Che il tempo non ti sarebbe bastato
A chiedere perdono per ogni peccato
Cadesti a terra senza un lamento
E ti accorgesti in un solo momento
Che la tua vita finiva quel giorno
E non ci sarebbe stato un ritorno
Ninetta mia, a crepare di maggio
Ci vuole tanto, troppo coraggio
Ninetta bella, dritto all'inferno
Avrei preferito andarci in inverno
E mentre il grano ti stava a sentire
Dentro alle mani stringevi il fucile
Dentro alla bocca stringevi parole
Troppo gelate per sciogliersi al sole
Dormi sepolto in un campo di grano
Non è la rosa, non è il tulipano
Che ti fan veglia dall'ombra dei fossi
Ma sono mille papaveri rossi
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