Di collaborazioni tra musicisti e poeti, nella storia dell'umanità, ve ne sono a bizzeffe. In minor misura se ne ricordano tra cantanti di musica pop e poeti; concentrandosi sulla sola nazione italiana, da quel che so, ci sono state, a partire dalla fine degli anni '50 del XX secolo, collaborazioni saltuarie, a volte occasionali tra scrittori e cantanti affermati; tra i primi, che scrissero dei testi appositamente per quel determinato genere musicale, potrei citare Franco Fortini, Pier Paolo Pasolini e Italo Calvino; tra i secondi, che di loro iniziativa o tramite richieste esterne, musicarono dei componimenti poetici, ricordo Domenico Modugno, Sergio Endrigo, Fabrizio De Andrè, Lucio Battisti e Angelo Branduardi. Ma la collaborazione che a me ancora sembra, dopo ben cinquant'anni, la migliore in assoluto, è quella tra il poeta Roberto Roversi e il cantautore Lucio Dalla (entrambi emiliani). Il sodalizio iniziò nel 1973, con la pubblicazione dell'album Il giorno aveva cinque teste; proseguì con i dischi Anidride solforosa (1975) e Automobili (1976). Tale collaborazione, memorabile per la qualità delle canzoni, non ebbe buoni risultati commerciali.
Ora mi vorrei soffermare un po' su una delle più belle canzoni nate dall'estro del duo Roversi-Dalla: Tu parlavi una lingua meravigliosa. 5° e ultima traccia del lato A dell'album Anidride solforosa, questo brano musicale possiede dei requisiti rari, se ci si riferisce al mondo delle canzonette. Il testo di Roberto Roversi parla di un incontro casuale, avvenuto in una stazione ferroviaria, tra due persone che non si vedevano più da tanto tempo. Un uomo, in un giorno grigio di ottobre, si trova in una stazione in attesa di un treno; dopo essersi guardato intorno, apre un giornale e comincia a leggere fino a quando non sente, poco lontana da lui, una voce femminile conosciuta, sebbene un po' più roca; è quella di una donna non più giovane, che ora ha i capelli tinti, e che l'uomo ricorda bene, perché in un passato non ben precisato ha avuto una relazione amorosa con lei. L'uomo non dà importanza agli evidenti segni dell'età sul viso della donna, e avrebbe voglia di parlarle, anche per ricordare i vecchi tempi; ma la donna neppure lo guarda, fingendo di non riconoscerlo. Alla fine l'uomo, con "l'inferno nel cuore" sale sul suo treno e si allontana definitivamente da quella donna che nell'inconscio non aveva mai dimenticato, e che vede svanire come in un sogno. Da rimarcare anche l'ottima interpretazione di Lucio Dalla, che intuì alla perfezione l'intensità dei sentimenti racchiusi nel testo di Roversi, e seppe trasmetterli da par suo agli ascoltatori.
TU PARLAVI UNA LIGUA MERAVIGLIOSA
(L. Dalla - R. Roversi)
I sassi della stazione sono di ruggine nera
Sto sotto la pensilina dove sventola adagio una bandiera
In un campo una donna si china su due agnelli appena nati
Striscia il vento nudo sopra il fuoco, il fuoco violento dei prati
Un uccello, isolato, raccoglie sopra un vagone abbandonato
Il cielo grande di ottobre e gli strappa il fianco bianco e gelato
Intorno, dopo la notte, ci sono tronchi sporchi di mosto
E mille macchine in fila, laggiù, in un deposito nascosto
Apro il giornale e provo a leggere per nascondermi un poco
Mentre lei parla ad un uomo e io riconosco il suo suono un poco roco
Chiudo il giornale, la guardo, lei è voltata, non mi vede
I capelli sono biondi e sono tinti, dunque lei alla vita non cede
Vuoi guardarmi? Occhio della mente, occhio della memoria
Una donna è vecchia quando non ha più giovinezza
Ascolto la marea del cuore perché siamo vicini
L'ho ritrovata per caso, ma non è più una ragazza
Vorrei chiamarla, dirle, le volpi con le code incendiate
Non parlano, ma gridano pazze fra gli alberi per il dolore
Sediamoci per terra oppure là, sopra panchine imbiancate
Sediamoci sopra un letto di foglie secche e ascoltiamo il nostro cuore
Ci siamo scordati e perduti, ti ritrovo adesso all'improvviso
Dentro una piccola stazione, in un giorno grigio d'ottobre
Tu non mi guardi neppure, io solo ho l'inferno nel cuore
Perché la vita è una goccia che scava la pietra del viso
Ogni mattina, ogni sera, io parto e ritorno da solo
Come il ragazzo che ero, non posso più bruciare in un volo
Il treno arriva, si ferma, la mia ombra sale, parte, scompare
Io ti vedo giovane ancora, come in un sogno dileguare
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