sabato 28 aprile 2012

"L'alba" di Riccardo Cocciante


"L'alba" è il titolo di un LP del cantautore Riccardo Cocciante, pubblicato nel 1975, subito dopo l'omonimo 45 giri che ebbe un buon successo di vendite, rimanendo tra i dieci singoli più venduti per ben tre mesi (dal settembre al novembre del '75). Anche l'album riscosse un successo notevole, risultando tra i venti più venduti di quell'anno. Si può ben dire che le canzoni presenti in "L'alba" rappresentino il culmine di quei toni pieni di disperazione e rabbia che in parte costituirono gli elementi essenziali oltre che identificativi del successo di Cocciante. In questi dieci brani il cantautore raggiunse l'apice del pessimismo, che si può percepire, in maniera più o meno marcata, nei testi del paroliere Marco Luberti e nella sofferta e intensa interpretazione di Cocciante.
Partendo da "Smania", è facile intuire che essa sia una canzone-trampolino alla successiva, cioè "L'alba"; si parla infatti della smania di andare via, di fuggire da una situazione sgradevole che vede un uomo vivere una relazione ormai logora, dove prevalgono su tutto la noia e il disgusto. "L'alba" descrive appunto questa fuga che però, non avviene all'inizio del giorno, ma durante la notte, momento assai più propizio per non dare nell'occhio. "Il tagliacarte" e "Era già tutto previsto" trattano in sostanza il medesimo argomento: il tradimento subito da un uomo. Cambia però la reazione, che nella prima sembrerebbe rassegnata anche se quel tagliacarte lasciato come ricordo dall'uomo tradito, sul cuore della donna, fa pensare ad una fredda, sanguinosa vendetta. La disperazione invece domina in "Era già tutto previsto", infatti l'uomo, rimasto da solo, abbraccia il cuscino dove ha dormito la sua ex donna ripensando a lei e desiderando la morte. "Vendo" è sicuramente una delle canzoni più belle dell'album, qui emerge una poeticità straordinaria e ne scaturisce una confessione straziante. "E lei sopra di me" parla di un'altra "Bella senz'anima" che compie l'atto sessuale in modo animalesco, svuotandolo di passione e di qualsiasi sentimento, sì da causare la violenta ma repressa reazione dell'uomo. "Canto popolare" è un inno all'indifferenza totale di una donna nei confronti dell'uomo che la ama follemente. Decisamente al di fuori dal contesto dell'album è "La morte di una rosa", dove un poeta compone dei versi dedicati ad una donna dalla pelle molto chiara, candida proprio come una rosa bianca; la morte del fiore simboleggia la fine della verginità. "A mio padre", come s'intuisce dal titolo, è un brano dedicato da Cocciante al genitore, costui invecchiando perde via via speranze, ideali e forze; per questo il figlio lo incita a non mollare, a combattere ancora, se non altro per l'amore dei figli, che hanno bisogno della sua presenza. Infine "Comica finale" è un tentativo di sdrammatizzazione: dice infatti il testo: «Ed io lo so che a questo punto / per nascondere il mio pianto / per nascondere il mio male / per nascondere il dolore / per tirare su il morale / ci vorrebbe per finire: / una comica finale» ma l'impressione che si ha è di una forzatura; insomma la disperazione rimane, malgrado l'estremo tentativo, in tutte le canzoni di questo memorabile album di Riccardo Cocciante.

domenica 15 aprile 2012

I concerti per clavicembalo del "Buranello"


Baldassarre Galuppi (detto il Buranello) è stato un compositore italiano. Nacque nel 1706 a Burano e morì a Venezia nel 1785. Giovane, fu allievo di Antonio Lotti; il suo primo successo porta la data del 1728 ed è il lavoro teatrale "Gl'odj delusi dal sangue" (scritto insieme a Giovanni Battista Pescetti); fu da allora che Galuppi si dedicò principalmente alla composizione di opere destinate ad essere eseguite nei teatri di Venezia. Dopo un soggiorno a Londra (nel 1741) Galuppi tornò nella sua Venezia iniziando a comporre, oltre alle opere, anche degli oratori, tra i quali si segnalano "Isaac", del 1745, e "Adamo", composto nel 1747. Nel 1749 il musicista veneto iniziò la sua fortunata attività di operista comico con "L'arcadia di Brema" del grande Carlo Goldoni, che da quel momento divenne il suo principale librettista. Nel 1765 Galuppi si trasferì in Russia, presso la corte di Caterina II e vi rimase per tre anni creando opere teatrali ("Ifigenia in Tauride"), sonate per strumenti a corda e opere corali. Il suo ultimo capolavoro per il teatro, datato 1773, fu "La serva padrona"; da allora in poi compose soltanto oratori e musica sacra. Galuppi è autore di diverse composizioni per clavicembalo, fra cui anche otto concerti, la cui datazione è incerta. Dall'ascolto (in vero assai piacevole) di essi, si può ben notare uno stile che traccia i confini tra il barocco ed il classico.
 
 
 
OTTO CONCERTI PER CLAVICEMBALO
di Baldasarre Galuppi


Concerto in D Major
1. Allegro moderato
2. Andante
3. Allegro
 
Concerto in C Major
1. (Allegro)
2. Largo
3. Allegro
 
Concerto in E flat Major
1. Allegro ma non presto
2. Largo
3. Allegro
 
Concerto in G Major
1. Allegro
2. Andantino con moto
3. Allegro
 
Concerto in F Major
1. Allegro
2. Andante
3. Allegro ma non presto
 
Concerto in C Minor
1. Allegro assai
2. Andantino
3. Allegro ma non presto
 
Concerto in A Major
1. Non tanto allegro
2. Andante
3. Allegro
 
Concerto in F Major
1. Allegro non tanto
2. Grave
3. Presto
 

venerdì 13 aprile 2012

Il lamento dei mendicanti

"Il lamento dei mendicanti" è una canzone scritta e intrpretata da Matteo Salvatore (Apricena 1925 - Foggia 2005), autore di musica popolare di grande talento, che pubblicò le sue cose migliori negli anni sessanta. Il brano citato dà il titolo ad un Lp del 1966, che è anche il primo del cantante pugliese, qui sono presenti altre interessanti canzoni come "Il giorno dei morti", "Padrone mio" e "La notte è bella". La storia di Matteo Salvatore è stata caratterizzata da lunghi periodi di miseria totale, a causa di ciò non frequentò alcuna scuola, rimanendo analfabeta. La sua passione, fin dalla gioventù, si rivelò la musica, in special modo quella popolare della sua regione; compose così, intorno agli anni '50, alcune ballate che gli diedero una certa fama, attirando l'attenzione, tra gli altri, anche del regista Giuseppe De Santis. Fu però Claudio Villa che lo introdusse nel mondo della musica leggera e della discografia, nel 1955 infatti, grazie al cantante romano Salvatore pubblicò i suoi primi 78 giri. Col passare degli anni la sua fama crebbe ed anche intellettuali come Italo Calvino apprezzarono molto le sue canzoni. Drammatico fu per lui il 1973, anno in cui fu accusato di aver ucciso la sua compagna; dopo cinque anni di carcere e dopo la revisione del processo che lo aveva condannato, Salvatore tornò libero continuando a cantare le sue poetiche e semplici canzoni popolari.
 
 
IL LAMENTO DEI MENDICANTI
(Matteo Salvatore)

Facite l'alamosena a 'sti pezzente
e quedde ca ce dete nui pigghieme
quedde ca dete a nui vanne ch'li morte
arrefreschete l'anema d'lu priatorie
Li puverette tutti ce l'anne dete
li ricchi 'nc'anne avute dà nu stozze
o Gesù Criste tu l' a fa' murì
li ricchi lu pene a nnui nun 'nce l'anne dete
Lu sacche già è chiene nu ci li eme
li figghi a nui ci aspettene c'anna a magnà
li chene tirene verse la chesa nostra
li figghi vonnu lu pene ann'a magnà
E sime arrivete a li mura nostra
li figghi a nui ce venne a cumprentà
ch'li mene dint' lu sacche pigghianu lu pene
magnete figghi mia fino a quanno ve saziete.

 
Traduzione: Fate l'elemosina a questi pezzenti / Quello che ci date noi prendiamo / quello che ci date è benedizione per i morti / Siano benedette le anime del Purgatorio / I poveri come noi ci hanno dato quello che potevano / I ricchi, neanche un tozzo di pane / Ah, Gesù! Devi dar loro la morte / I ricchi a noi non hanno dato niente / Il sacco è già pieno e noi ce ne andiamo / I figli ci aspettano per mangiare / I cani ci accompagnano verso casa / I figli vogliono il pane: hanno fame / E siamo arrivati alle mura di casa / I figli affamati ci vengono incontro / Le mani nel sacco, prendono il pane: / Mangiate, figli miei, fino a quando sarete finalmente sazi.

mercoledì 4 aprile 2012

Cristo tra i chitarristi

"Cristo tra i chitarristi" è il titolo di una bellissima canzone del cantautore italiano Piero Ciampi. Fu scritta dallo stesso Ciampi, insieme al fratello Roberto, a Giuseppe Pavone e a Gianni Marchetti; è la sesta traccia dell'LP "Andare camminare lavorare ed altri discorsi" (RCA, 1975). Il testo si dimostra originalissimo soprattutto per il modo in cui viene descritta la figura del Cristo: un uomo dai poteri speciali che ha il pieno controllo sulla natura, solitario e disarmato, che improvvisamente, durante un pomeriggio, muore dopo aver percorso una salita. Stupenda l'immagine del coro di chitarre infelici che cantano per disperdere l'odio. Anche il finale è indimenticabile, perché identifica nella Via Crucis del Cristo, quella di qualunque brav'uomo in grave difficoltà, per innumerevoli ragioni; fatto sta che anche lui, come Gesù, è destinato alla sua ultima salita verso il Calvario. Inutile dire che l'interpretazione del grande Piero Ciampi è, in questo caso come in molti altri, magistrale.
 


CRISTO TRA I CHITARRISTI
(Piero Ciampi - Giuseppe Pavone - Roberto Ciampi - Gianni Marchetti)

È un uomo che vive di foreste
d'aria piena di voli d'aquile,
conquista vette e tocca il sole,
lui beve neve, parla alle stelle
e spazia il tempo.
Corre, anela, sta.
Devia i ruscelli,
veglia e sonno è tutto un sogno.
è un uomo solo e senza armi.
Un pomeriggio su una salita perse la vita.
Più niente in quel lungo silenzio
turbava la mia anima esperta.
Un coro di chitarre infelici
cantava per disperdere l'odio.
Sopra una collina era il più alto,
il più bello, irraggiungibile.
Ai suoi piedi c'era il deserto,
ormai la folla si era saziata
con le preghiere.
Là c'è sempre un Uomo in verticale
che non tocca mai la terra,
talvolta scende da una croce
ma dopo poco su una salita sconosciuta
perde la vita.
Un concerto di chitarre arriva e suona
molto amaro.
Anche stasera da qualche parte
c'è qualche Cristo
che sale stanco
e senza scampo
una salita.

(da ww.pierociampi.altervista.org)

lunedì 2 aprile 2012

L'Aria sulla quarta corda di Johann Sebastian Bach


"Aria sulla quarta corda" è il titolo con cui è diventato noto il secondo movimento della Suite per orchestra n. 3 di Johann Sebastian Bach, trascritto dal musicista tedesco semplicemente come "Aria". È uno dei brani più belli e più famosi non solo della musica barocca ma di tutta la musica classica. È l'unica parte della Suite eseguita da soli strumenti ad arco e il suo fascino consiste nell'andamento rilassante e soave, oltre che nella melodia inebriante. Inserita in famosi programmi televisivi e in vari film, è oggi, probabilmente, il brano musicale più conosciuto di Johann Sebastian Bach. Riguardo alla Suite per orchestra di cui fa parte (BWV 1068), c'è da dire che questa opera, insieme alle altre tre complessive (BWV 1066, BWV 1067, BWV 1069), fu composta da Bach nel periodo compreso tra il 1717 ed il 1723, per il principe Leopoldo di Anhalt-Köthen, che all'epoca era il suo pratono.