S'intitola I
borghesi uno degli ultimi album che Giorgio Gaber registrò in studio. Fu
pubblicato nel 1971 dalla Ricordi e contiene undici canzoni molto belle, alcune
delle quali si rifanno più o meno esplicitamente a Jacques Brel; sto parlando
di I borghesi, Che bella gente e L'amico; quest'ultima
rappresenta uno dei momenti più sublimi mai raggiunti non solo da Gaber, ma
dalla intera musica pop italiana: il testo parla di un uomo che assiste il suo
migliore amico gravemente ammalato e fortemente depresso, perciò cerca di
consolarlo rievocando i bei tempi, quando, ancora giovani e pieni di vita, si
divertivano insieme in mille modi ed occasioni; tutto ciò per far sperare al
povero malato che quei tempi possano tornare nel giro di poco tempo: quello
necessario per guarire. Le altre due canzoni mostrano la vena più satirica di Gaber
(e anche di Brel) che si scaglia contro la perfidia e l'ipocrisia di certa
borghesia; classe sociale spesso accusata, almeno a quei tempi, di essere la
causa principale di tutti i peggiori mali della società. Tra le altre canzoni,
merita una segnalazione anche Latte 70, dove, come nelle altre citate,
si nota una vicinanza a Brel, soprattutto per i toni improvvisamente convulsi
che caratterizzano l'interpretazione; in sostanza il brano vuole porre
l'attenzione sia sull'alienazione causata dal lavoro in fabbrica, sia sulle
difficoltà giornaliere che s'incontrano nella vita di coppia. Quest'ultima
tematica è presente anche in Ora che non son più innamorato, brano che
esplicita senza mezze parole la noiosa e insensata vita di routine cui
va incontro, cogli anni, una coppia. Da ricordare infine che, da questo
memorabile LP, l'anno successivo furono estrapolati due pezzi: L'amico e
Latte 70, che uscirono in versione 45 giri.
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