martedì 27 marzo 2012

Tutti gli amori

"Tutti gli amori" è il titolo di una canzone interpretata da Michele Straniero (1936-2000) in un disco del lontano 1958. Si tratta precisamente di un 45 giri intitolato "Cantacronache 2" e che contiene in tutto quattro canzoni, due di Michele Straniero e due di Fausto Amodei. "Tutti gli amori" è la seconda canzone del lato B. Gli autori del brano sono Franco Fortini (per il testo) e Sergio Liberovici (per la musica). L'interprete è stato un cantautore, un poeta, uno studioso di musica ed un giornalista italiano, oggi dimenticato ingiustamente, che contribuì in maniera determinante al rinnovamento della musica pop italiana, anticipando i modi e i temi di quella che sarebbe stata in seguito definita la "Canzone d'autore". Insieme a lui, nel medesimo contesto, è giusto citare anche i nomi di Fausto Amodei (che compare con le sue canzoni nel disco menzionato) e Sergio Liberovici; costoro, insieme ad altri musicisti, nel 1957 si unirono fondando il gruppo "Cantacronache" che si riproponeva di modificare drasticamente la "canzonetta", rendendola più nobile e profonda, grazie all'immissione di testi importanti, che trattassero temi di attualità, di politica o comunque di problemi sociali e, per quanto riguarda la musica, basandosi sulla tradizione dei canti popolari e sulle ballate. In parte il gruppo fu influenzato dall'opera di alcuni chansonnier francesi (Georges Brassens soprattutto), ma la vera, sostanziale novità consistette nei testi, che spesso furono scritti da personaggi noti della letteratura italiana come Franco Fortini, Gianni Rodari, Italo Calvino e Umberto Eco. Cantacronache terminò la sua attività nel 1962, e, dalle sue ceneri nacque un altro gruppo fondato da Michele Straniero e da Fausto Amodei: "Nuovo Canzoniere Italiano".
"Tutti gli amori" è una delle canzoni più belle nate dall'esperienza di Cantacronache: parla di amore e di lavoro, accomunati come se nascessero entrambi dalla stessa passione, che all'inizio sembra inattaccabile e che, col tempo, mostra invece tutta la sua precarietà. Probabilmente il testo vuole riferirsi alle vicende italiane del secondo dopoguerra: dopo l'entusiasmo iniziale in cui si pensava fosse possibile creare una nazione nuova e senza ingiustizie, in cui la libertà divenisse il valore più importante e più presente, col passare degli anni tali entusiasmi si sono affievoliti e chi ha preso il potere lo applica in modo sbagliato, non garantendo né la libertà né il lavoro; tradendo quindi i nobili ideali sbandierati ai quattro venti, che gli avevano permesso di raggiungere i massimi posti di comando della nazione. C'è però una nota di ottimismo, presente alla fine di ogni strofa del testo, perché, se un amore o un ideale si sono dimostrati veritieri, anche per un breve periodo, esiste la possibilità che divengano duraturi. Visto che già alcuni individui hanno assaporato e assaporano il gusto della libertà e del lavoro per tutti, è facile che trasmettano ad altri (le generazioni future) le sensazioni e i sentimenti che hanno provato loro. Colpisce la data di uscita di questa canzone: il 1958, ovvero l'anno in cui al Festival della canzone italiana di Sanremo trionfava Domenico Modugno con "Nel blu dipinto di blu", pezzo che poi avrebbe spopolato anche all'estero e che molti ritengono che rappresenti il primo esempio di canzone d'autore italiana; ignorando perciò il fatto che già da un anno esistesse il gruppo di Cantacronache e che proprio in quell'anno avesse cominciato a pubblicare dei dischi veramente rivoluzionari, molto di più rispetto al pur bravo Modugno. Due parole è giusto spenderle anche per l'autore del testo di "Tutti gli amori": lo scrittore Franco Fortini (1917-1994), poeta insigne del Novecento, autore di memorabili raccolte come "Una facile allegoria" (1954), "Poesia e errore" (1959) e "Questo muro" (1973).
 


TUTTI GLI AMORI
(Franco Fortini - Sergio Liberovici)

Io non avrei creduto mai
che un giorno t'avrei vista senza gioia.
Tu non avresti mai creduto
che un giorno avrei vissuto senza te.
Nulla rimane eguale,
si muta il bene in male,
si muta il bianco in nero
ma quel che è stato vero sempre ritornerà.


Tutti gli amori cominciano bene:
l'amore di una donna,
l'amore di un lavoro,
e anche l'amore per la libertà.
Spesso gli amori finiscono male:
chi tanto amò va via,
lavoro è servitù,
la libertà diventa una bugia...
Ma non si perde più
quel che è stato vero
un anno un giorno:
altri nel mondo si vorranno bene,
altri lavoreranno senza pene,
altri vivranno in libertà.

Io non avrei creduto mai
di rivedere il popolo ingannato.
Tu non avresti mai creduto
che chi ci sfrutta insegni la virtù.
Nulla rimane eguale:
si muta il bene in male,
si muta il bianco in nero,
ma quel che è stato vero sempre ritornerà.

Tutti gli amori cominciano bene:
l'amore di una donna,
l'amore di un lavoro,
e anche l'amore per la libertà.
Spesso gli amori finiscono male:
chi è amato non sa amare,
lavora chi tradì
la libertrà è di chi la può comprare.
Ma ricomincia qui,
quel che è stato vero
un nostro giorno.
Tanti ne mondo già si voglion bene,
tanti lavoran già senza più pene,
tanti già ridon nella libertà.

Nessun commento:

Posta un commento