venerdì 19 aprile 2013

"Tutti morimmo a stento" di Fabrizio De Andrè


Tutti morimmo a stento (Cantata in si minore per coro e orchestra) è il titolo di un album storico di Fabrizio De Andrè uscito nel 1968. La sua storicità consiste nel fatto che fu il primo disco nato con una caratteristica particolare: tutte le canzoni che lo compongono sono incentrate sullo stesso tema (la morte in questo caso) e, quindi, va considerato come il primo concept album italiano. Per chi non lo sapesse un concept album è un disco in cui tutti i brani parlano di un determinato argomento o comunque risultano consequenziali, ossia formano dei tasselli che, messi insieme, compongono una storia. Nell'album in questione ci sono delle canzoni bellissime, entrate a far parte dei capolavori musicali di De Andrè: Ballata degli impiccati, Inverno, Girotondo e Terzo intermezzo spiccano sulle altre; la prima è una ballata che nasce dalla lettura di una poesia famosa di François Villon che ha il medesimo titolo del brano musicale (quello francese è Ballade des pendus) anche se gli impiccati di De Andrè, a differenza di quelli di Villon, mostrano un forte risentimento che sfocia nel vero e proprio rancore, nei confronti di coloro che li hanno condannati a morte. Inverno è una bella poesia sulla morte che si avvale di una musica eccezionale; il luogo descritto è un camposanto ricoperto di neve dove si sofferma un personaggio non identificabile che viene esortato (forse dai morti) a proseguire il suo cammino: «Ma tu che stai, perché rimani? / Un altro inverno tornerà domani / cadrà altra neve a consolare i campi / cadrà altra neve sui camposanti». Girotondo è una canzone che risente del clima in cui si viveva quando fu scritta, gli anni della guerra fredda fra le due superpotenze mondiali: Stati Uniti e Unione Sovietica e prefigura una situazione che tutti temevano in quel periodo: lo scoppio di una guerra nucleare che avrebbe devastato la terra. Il pezzo è originalissimo e, oltre alla voce di De Andrè, si avvale di quelle dei "Piccoli Cantori". Terzo intermezzo è una profonda meditazione sull'amore e sull'odio, quest'ultimo rappresentato dalla guerra e, di conseguenza, dalla morte; si tratta, anche in questo caso, di una vera e propria poesia di cui riporto alcuni versi: «La polvere, il sangue, le mosche e l'odore; / per strada, fra i campi, la gente che muore; / e tu, tu la chiami guerra e non sai che cos'è, / e tu, tu la chiami guerra e non ti spieghi il perché».
Per quanto riguarda le altre canzoni, Cantico dei drogati è ispirata ad una poesia di Riccardo Mannerini, Leggenda di Natale si rifà ad un brano di Georges Brassens mentre gli ultimi due pezzi: Recitativo e Corale si accavallano essendo il primo un monologo (in forma poetica) di De Andrè e il secondo un canto eseguito da un coro che è inserito negli intervalli o durante la recitazione del cantautore ligure.



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