Non poche sono le canzoni italiane che hanno come argomento portante il suicidio o che sono dedicate a personaggi, veri o presunti, che si sono tolti la vita. L'argomento è certamente scabroso e difficile, una volta si sarebbe detto che non poteva assolutamente rientrare nel testo di qualsiasi canzone. In questo senso, ancora una volta il vero rivoluzionario, colui cioè che ha aperto una nuova strada è stato Fabrizio De Andrè, che nel 1961 incise un 45 giri con una canzone intitolata La ballata del Michè, il cui testo parla di un uomo francese, Michè appunto, innamorato di Marì, che viene condannato a vent'anni di galera per l'omicidio di un pretendente, e, poichè incapace di rimanere lontano dalla sua amata per così tanto tempo, decide di uccidersi. Indimenticabili gli ultimi versi del testo che spiegano perfettamente la posizione della Chiesa nei confronti dei suicidi, ecco cosa succederà al corpo di Michè: «domani alle tre / nella fossa comune sarà / senza il prete e la messa / perchè d'un suicida non hanno pietà / domani Michè / nella terra bagnata sarà / e qualcuno una croce col nome e la data / su lui pianterà».È ancora il grandissimo Fabrizio De Andrè a dedicare per primo una canzone a Luigi Tenco, suicida al Festival di Sanremo del 1967. Preghiera in gennaio uscì nel 1968 all'interno di uno stupendo album; la canzone, come dice il titolo, è una preghiera rivolta a Dio affinchè possa accogliere nel "suo" paradiso l'anima del cantautore ligure; ma il discorso di De Andrè non è limitato a Tenco, il paradiso lo meritano tutti coloro che si sono suicidati a causa dell'odio e dell'ignoranza di tanti esseri umani. Commoventi questi versi in cui De Andrè chiarisce quale, se esistesse, sarebbe il vero paradiso e chi vi entrerebbe: «Dio di misericordia / il tuo bel paradiso / lo hai fatto soprattutto / per chi non ha sorriso / per quelli che han vissuto / con la coscienza pura / l'inferno esiste solo / per chi ne ha paura».Un altro cantautore genovese: Bruno Lauzi, nel 1965 cantò una canzone intitolata Il poeta che aveva il suicidio come epilogo; il brano ebbe un discreto successo di vendite e fu interpretato anche da Gino Paoli.
Nel 1969 esce un 45 giri di Herbert Pagani che nel lato B contiene un adattamento di una vecchia canzone francese di Edith Piaf: Les amants d'un jour; Pagani trasforma il titolo in Albergo ad ore e crea un testo assai coinvolgente e toccante, conquistando il pubblico ma suscitando scandalo tra coloro che ritennero troppo crudo l'argomento trattato (è la storia di due giovani innamorati che prima affittano una stanza di un albergo ad ore e poi si uccidono) e censurarono il pezzo.
Sempre nel 1969 Gipo Farassino, cantautore piemontese che ha interpretato da par suo molte canzoni popolari, canta Remo la barca, canzone che racconta la storia di un uomo che si suicida a causa dell'amore non ricambiato di una donna. Qui si trovano non poche attinenze sia con la canzone del '61 di De Andrè che con quella di Lauzi.
Il primo album di Claudio Baglioni risale al 1970, è un disco anomalo rispetto alla sua produzione successiva perchè vede la presenza di alcune canzoni tristi se non disperate, una di queste è Lacrime di marzo, in cui l'autore romano parla di una donna che, dopo pianti e sofferenze infinite causategli dal tormentato rapporto con un uomo crudele, prende l'estrema decisione di darsi la morte; lo stesso brano fu interpretato in quegli stessi anni da Mia Martini.
Nel 1972 esce un album di Roberto Vecchioni: Saldi di fine stagione, che contiene una canzone intitolata La leggenda di Olaf, questa, solo in parte s'ispira alla storia del personaggio mitologico greco: "Ippolito", figlio di Teseo. La differenza sostanziale risiede nel fatto che Olaf, nella canzone di Vecchioni, dopo essere stato cacciato dal re a cui era sempre stato devoto, perchè calunniato dalla regina, sceglie di suicidarsi impiccandosi ad un albero; Ippolito invece, allontanatosi dal padre per ragioni analoghe a quelle di Olaf, viene scaraventato contro le rocce da un'onda mostruosa mentre stava galoppando sul litorale, la gravità delle ferite riportate gli provocheranno la morte.
Sempre nel '72 esordisce nel mondo della musica leggera il cantautore Mauro Pelosi con un LP dal titolo emblematico: La stagione per morire, i 9 brani che lo compongono sono tutti densi di disperazione e pessimismo, tra questi c'è anche Suicidio il cui testo esprime un disagio esistenziale evidente, ciò è dimostrato da alcune frasi inequivocabili: «Strade lunghe senza uscita, / la mia stanza senza porta, / lasciatemi andar via, / lasciatemi andar via...».
Alcuni testi del cantautore romano Francesco De Gregori hanno a che vedere con il suicidio; Irene è una canzone che fa parte dell'album Alice non lo sa del 1973, protagonista è una ragazza, Irene appunto, che sta per gettarsi dalla finestra mentre di sotto la gente passa senza accorgersi della tragedia imminente. Ciò che colpisce nelle parole della canzone è l'estrema leggerezza e il senso di liberazione che prova la donna negli istanti che precedono il suo suicidio. Ancora De Gregori nell'album del 1976, Bufalo Bill, include una canzone intitolata Festival dedicata al cantautore Luigi Tenco. Il testo si differenzia alquanto da quello di Preghiera in gennaio in cui De Andrè aveva voluto rendere omaggio al collega suicida, infatti il tono delle parole di De Gregori è accusatorio, il cantautore punta l'indice contro il mondo della canzone, contro la stampa e contro tutti coloro che fecero troppi pettegolezzi sulla morte di Tenco; inoltre nel testo più di una volta ritorna una domanda che sembrerebbe mettere in dubbio persino il suicidio del cantautore ligure: «Chi ha ucciso quel giovane angelo che girava senza spada?». L'impiccato è un brano che fa parte dell'album De Gregori del 1978 ed è un atto di accusa nei confronti delle "carcerazioni facili" cioè quelle eseguite senza avere prove evidenti sui sospettati che, se innocenti, subiscono una violenza gratuita ed ingiusta e possono reagire a questo trauma anche col suicidio, come succede nella canzone in questione.
Nel secondo, indimenticabile album nato dalla collaborazione tra il cantautore Lucio Dalla e il poeta Roberto Roversi: Anidride solforosa, c'è una canzone che s'intitola Un mazzo di fiori, la cui protagonista è una donna ridotta in miseria che, non riuscendo più a tirare avanti, decide di togliersi la vita gettandosi nel Po.
La canzone Preghiera fu cantata dai Cugini di Campagna in un 45 giri del 1976, parla di un uomo fortemente innamorato della sua compagna gravemente malata, tanto che, quando lei muore, decide anche lui di farla finita per ritrovare la sua donna in paradiso.
Per concludere voglio ricordare una canzone di Giorgio Gaber compresa nell'album Pressione bassa del 1980 che s'intitola Il dilemma e parla di una coppia in crisi; ecco alcune frasi del testo: «Il loro amore moriva / come quello di tutti / come una cosa normale e ricorrente / perchè morire e far morire / è un'antica usanza / che suole aver la gente». Il tradimento è alla base di questa crisi che i due decidono di analizzare per poi capire che il loro amore si è ormai logorato e per salvare quello che rimane della loro unione giungono ad una soluzione drastica: darsi la morte entrambi: «Il loro amore moriva / come quello di tutti / non per una cosa astratta / come la famiglia / loro scelsero la morte / per una cosa vera / come la famiglia».
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